PRATICHE COMUNI NEGLI ALLEVAMENTI

IL DEBECCAGGIO

Per la produzione di uova, le galline sono costrette a vivere in piccolissime gabbie. Le loro ali si atrofizzano a causa dell'immobilità forzata, le loro zampe crescono deformi. Non appena la produttività delle galline diminuisce, di solito dopo 2 anni, sono sgozzate per diventare carne di seconda scelta.
Nella foto presente vediamo il debeccaggio, pratica abituale tra gli allevatori che consente loro di evitare che si feriscano a vicenda, poichè naturalmente l'ambiente affollatissimo, sporco, l' immobilità le torture quotidiane fanno impazzire le galline che arrivano così a sviluppare aggressività e arrivano a veri e propri atti di cannibalismo.


 

 

PULCINI MASCHI TRITURATI VIVI

I pulcini maschi non faranno mai le uova, ovviamente. E non crescono abbastanza velocemente per essere allevati come polli da carne.
Dunque vengono prelevati dal nastro trasportatore e buttati vivi in una sorta di enorme tritatutto.
Le femmine, una volta separate dai maschi, vengono sottoposte ad un’ulteriore selezione: si eliminano quelle malate, deformi o ferite durante i passaggi precedenti.Nel tritatutto pure loro.
Muoiono in questo modo 150.000 pulcini al giorno. Senza troppa attenzione al rispetto per gli animali.

 

 

MUTILAZIONI SENZA ANESTESIA DEI MAIALINI

I maiali da piccoli vengono castrati (senza anestesia) perché altrimenti, da adulti, la loro carne assumerebbe un sapore troppo forte. Inoltre viene tagliata loro la coda e vengono limati i denti: infatti lo stress degli allevamenti intensivi fa impazzire gli animali, che hanno comportamenti psicotici aggressivi e senza questi "accorgimenti" si morderebbero reciprocamente.


 

 

SADISMO E MALTRATTAMENTI

In aggiunta alle condizioni tragiche già solite degli allevamenti, ci sono la cattiveria e la crudeltà umana : allevatori sadici e senza cuore che trattano gli animali già privati della loro dignità come fossero oggetti, o ancor peggio oggetti di divertimento.
Un ex allevatore ha testimoniato di aver visto colleghi che si divertivano a infilare nel retto delle mucche pungoli elettrici o bastoni, altri che sfogavano su di essi le loro frustrazioni picchiandoli in ogni parte del corpo con spranghe di ferro o calci.

 

 

MACELLI ORGANIZZATI COME CATENE DI MONTAGGIO

I macelli sono esattamente organizzati come delle catene di montaggio... O forse sarebbe meglio dire smontaggio. Sono luoghi dove migliaia di animali entrano ogni giorno contro la loro volontà e ci escono fatti a pezzi, uccisi e “smontati” uno ad uno.

Henry Ford, l'industriale delle automobili, confessò che era stata la visita a un mattatoio di Chicago a suggerirgli l'idea per un sistema di lavoro basato sulla catena di montaggio. Nei macelli si trattava di smembrare cadaveri animali nel minor tempo possibile; nelle fabbriche, si sarebbe trattato di assemblare automobili in un tempo altrettanto veloce.

 

 

LA VITA INFERNALE DELLE SCROFE

Le scrofe vivono all’interno di piccoli box collettivi con pavimento cementato. Con la gravidanza vengono inserite in gabbie metalliche dette di gestazione, larghe 60 centimetri, dove non hanno la possibilità di compiere alcun movimento, compreso quello di ruotare su sé stesse. Possono solo alzarsi per alimentarsi o giacere a terra. Rimarranno in queste gabbie per quattro mesi. Incapaci di muoversi, diventano pesantissime (è questo lo scopo naturalmente) e soggette a zoppia.

Pochi giorni prima del parto, vengono trasferite in speciali gabbie metalliche dette da parto, fasciate da una serie di tubi che permettono solo, ai piccoli, una volta nati, di potersi nutrire dalle mammelle. In queste gabbie le scrofe, dove sono impedite in qualsiasi movimento, trascorrono tre o quattro settimane, fino a quando i piccoli nati non vengono trasferiti in altri box. Dopodichè le scrofe possono essere reinserite nel ciclo di allevamento e rese nuovamente gravide una o due settimane più tardi.

Solo trent’anni fa una scrofa in allevamento intensivo era in grado di produrre 13 suinetti all’anno. Oggi si arriva a 22, in alcuni casi anche a 28. Dal punto di vista psicologico queste scrofe diventano “nevrotiche” (come le definiscono gli allevatori): mordono le sbarre dei box per ore, siedono in posizione simile a quella dei cani, ma con aria inebetita, mostrando tutti i segni del dolore per la perdita dei piccoli. Dopo 2 anni di questa vita, anch’esse finiscono al macello.

 

 

GALLINE ALLEVATE A TERRA

Ci sono associazioni, in Italia e all’estero, che fanno campagne su questo tema e invitano le persone a comprare uova, anziché di batteria, di galline allevate in questo modo. 
Queste campagne, purtroppo, sono peggio che inutili. Sono dannose, perché inducono le persone a credere che cambiare tipo di allevamento sia una soluzione e che le uova prodotte in questo modo siano “senza crudeltà” o che addirittura “salvino le galline”. 
Questo è assolutamente falso.
Va detta innanzitutto una cosa: se è vero che i due anni di vita di una gallina allevata in gabbia sono terribili, perché non può muoversi, non può stendere le ali, ha le zampe ferite dalla rete, le viene tagliato il becco per evitare che
ferisca le sue compagne (le galline non sono animali aggressivi, ma la prigionia le fa impazzire, come accadrebbe a qualunque essere umano, per questo
si attaccano tra loro), e che quindi certamente
togliere le galline da questa situazione è un passo positivo, va detto che l’allevamento “a terra” non significa allevamento in libertà.
Significa che le galline sono tenute in capannoni dove si respira un’aria insalubre, dove non possono mai vedere il sole, dove soffrono comunque di malattie dovute alla prigionia continuata, e dove vengono comunque nutrite con mangimi pieni di sostanze chimiche e farmaci per curare le malattie endemiche e prevenire le epidemie (a volte con scarso successo, come dimostrano le notizie quotidiane che raccontano di epidemie devastanti in questo o quell’allevamento).
Anche quelle poche allevate “all’aperto”, anziché “a terra”, dopo due anni sono sempre e comunque portate al macello, non esistono dei «rifugi per galline pensionate».
Inoltre, per ogni pulcino femmina che viene fatto nascere per la successiva produzione di uova, un pulcino maschio nasce e viene ucciso - soffocato o triturato - perché la probabilità che un pulcino nasca femmina o maschio è del 50%, e solo le femmine sono utili a fare le uova, i maschi vengono “scartati” subito.
Per salvare animali e risparmiare loro sofferenza e morte, quindi, non basta scegliere un tipo di allevamento piuttosto che un altro, non serve a nulla se la quantità di “cibi animali” consumati rimane la stessa.
Non serve perché il numero di animali uccisi rimane uguale.
Non serve perché è impossibile che i metodi di allevamento cambino davvero se non diminuisce la richiesta di prodotti animali: i continui slittamenti
di ogni normativa “a tutela” degli animali d’allevamento lo dimostrano.
Allo stesso modo in cui lo dimostrano i tanti casi di illegalità (nei trasporti, negli allevamenti, nei macelli) che non si possono arginare a causa dei controlli troppo poco numerosi. 
Come si potrà mai sperare di tenere sotto controllo la situazione se il numero di animali allevati continua a rimanere sempre lo stesso, o aumenta? Solo con una diminuzione sarà possibile sperare di andare, passo a passo, verso una situazione migliore!
Diffidate di chi vi promette che gli animali staranno meglio cambiando solo tipo di allevamento senza chiedervi di diminuire i consumi.
Non potrà mai essere così. Per fare davvero qualcosa per far cambiare in meglio le condizioni degli animali, occorre come minimo diminuire i consumi, per far diminuire il numero di animali allevati.
Con la scelta vegan questa diminuzione è del 100%, ed è quindi la soluzione.
Ma se dovete dare un consiglio, o affrontare questo tema con persone che sono ancora lontane dal voler fare la scelta vegan, consigliate loro di diminuire i consumi, non di comprare uova diverse. Cambiare tipo di uova acquistate, e consumarne sempre la stessa quantità, non salva animali, non fa cambiare le leggi, non fa diminuire gli abusi.
Serve a mettere a posto la coscienza e far dimenticare il problema. Che continuerà però ad esistere.

 

 

MAIALI AL MACELLO

Nei macelli, i maiali che si rifiutano di entrare vengono obbligati con pungoli o tirati per le orecchie. Vengono storditi con scosse elettriche, ma spesso (anche la metà delle volte) lo stordimento non funziona, e vengono appesi per le zampe posteriori e sgozzati ancora coscienti.

Appesi per le zampe, soffrono di lacerazioni muscolari e panico mentre stridono e urlano prima che la loro bocca si riempia rapidamente di sangue. Vengono gettati nelle vasche d'acqua bollente, a volte ancora vivi. In una sola mattinata possono venire uccisi anche 1000 maiali. 

 


I FIGLI DEL LATTE

Uno degli animali che soffre di più la crudele prigionia e la privazione negli allevamenti intensivi, sono i vitelli: prole di sesso maschile delle vacche da latte.
Dopo che sono separati dalle loro madri pochi giorni dopo la nascita, vengono isolati nei box.
Dal momento che il latte materno viene utilizzato per il consumo umano, i vitelli sono alimentati con un sostituto del latte, contenenti ormoni ma privo di ferro. Questo produrrà un anemia che manterrà la morbidezza ed il pallore della sua carne, ma lascerà debole il vitello.
Quando vengono macellati a sole 16 settimane di età, di solito sono molto malati o disabili nel camminare.
Uno su 10 vitelli muore in cella.

 

 

TRONCATURA DEGLI INCISIVI

A pochi giorni dalla nascita, negli allevamenti intensivi ai maiali vengono troncati gli incisivi, per prevenire le ferite che potrebbero arrecare alla madre, nella competizione per arrivare prima alle mammelle, o arrecarsi reciprocamente nelle lotte successive allo svezzamento.

Operazione dolorosa non solo nell’immediato, ma anche a lungo termine.

Questa è solo una delle tante pratiche barbare e dolorose che c'è dietro il "mangiar carne".



 

 

IL DEHORNING: LA MUTILAZIONE DELLE CORNA

Numerosi animali, tra cui i bovini, cervi, capre e via discorrendo, nascono naturalmente con uno specifico tessuto sulla testa destinato a trasformarsi in corna.

Quello che non tutti sanno è che, nella maggior parte dei casi e in gran parte del mondo, le mucche dell' industria casearia vengono private di esse dagli allevatori attraverso modalità di mutilazione che includono lame roventi, sostanze chimiche e seghe.
Il dehorning è, per il bovino, una pratica chiaramente dolorosa - tanto quanto lo è il debeaking (mutilazione del becco) per i polli: al momento della rimozione delle corna, i vitelli hanno solamente qualche settimana di vita e la mutilazione viene perpetrata senza alcuna anestesia nè antidolorifico.

 

 

GLI SCARTI DEGLI ALLEVAMENTI

Circa il 10% degli animali detenuti negli allevamenti muoiono e vengono semplicemente lasciati morire. Muoiono ovviamente per le tremende condizioni di allevamento a cui sono sottoposti. Chiunque facesse irruzione in un allevamento potrebbe constatare con i propri occhi cadaveri di animali morti, lasciati a marcire insieme ai compagni. Essi sono gli "scarti" dell'industria alimentare, un'industria che sovvenzionata dallo Stato e dall'Unione Europea può permettersi di portare avanti questa tremenda macchina di morte senza troppi riguardi per il benessere animale.

 

 

LA VITA DELLE MUCCHE DA LATTE

Le mucche "da latte" sono selezionate geneticamente ed inseminate artificialmente per produrre quanto più latte possibile. Dall'età di circa due anni, trascorrono in gravidanza nove mesi ogni anno. Poco dopo la nascita, i vitelli sono strappati alle madri (provocando in entrambi un trauma), perché non ne bevano il latte, e rinchiusi in minuscoli box larghi poche decine di cm, in cui non hanno nemmeno lo spazio per coricarsi, e quindi neanche la possibilità di dormire profondamente. Sono alimentati con una dieta inadeguata apposta per renderli anemici e far sì che la loro carne sia bianca e tenera (come piace ai consumatori) e infine sono mandati al macello. La mucca verrà quindi munta per mesi, durante i quali sarà costretta a produrre una quantità di latte pari a 10 volte l'ammontare di quello che sarebbe stato necessario, in natura, per nutrire il vitello. Non sorprende che ogni anno un terzo delle mucche sfruttate nei caseifici soffra di mastite (una dolorosa infiammazione delle mammelle).

Per aumentare la produzione di latte, la mucca è alimentata con proteine molto concentrate, ma neppure queste spesso sono sufficienti, tanto da provocare lacerazione dei tessuti per soddisfare la continua richiesta di latte (in Inghilterra hanno coniato un termine per definire questa pratica: "milking off the cow's back", ossia mungitura del posteriore della mucca). Ciò provoca una condizione chiamata acidosi, che può rendere zoppo l'animale e ciò ogni anno al 25% delle mucche sfruttate nei caseifici. A circa cinque o sei anni d'età, ormai esausta e sfruttata al massimo, la mucca verrà macellata. La durata della sua vita, in natura, sarebbe stata di circa 20 anni, e può arrivare anche a 40.

Negli ultimi anni, le cose sono andate peggiorando, e una mucca viene "consumata", nel vero senso della parola, in soli 2-3 anni. A volte succede che le mucche sfruttate per il latte, al momento della macellazione siano così esauste che non riescono nemmeno a stare in piedi, e vengono portate al macello trascinadole di peso e causando loro una sofferenza estrema che si aggiunge a quanto già patito negli anni precedenti. Queste sono le cosiddette "mucche a terra", animali talmente sfruttati da non essere più in grado di stare sulle proprie zampe.


 

FABBRICHE DI PESCE

L'Acquacoltura (l'allevamento di pesci in un ambiente controllato) è diventata un'industria da svariati milioni di dollari. Quasi metà dei salmoni, il 40% dei molluschi ed il 65% dei pesci di acqua dolce consumati al giorno d'oggi, trascorrono la maggior parte della loro vita in cattività. Il National Fisheries Institute (Istituto Nazionale delle Industrie della Pesca) definisce l'acquacoltura "uno dei settori dell'industria della produzione di cibo con la più rapida crescita a livello mondiale".

Strappati via dal loro ambiente naturale, i pesci allevati nelle "acquafattorie" vengono rinchiusi in vasche poste all'interno di costruzioni in acciaio. Sistemi ad elevata portata ed alta tecnologia controllano l'afflusso di cibo, luce e la stimolazione della crescita. Farmaci, ormoni e le tecniche dell'ingegneria genetica vengono utilizzati per accelerare la crescita e modificare il comportamento riproduttivo degli esemplari.

Per dimostrarsi redditizie, le acquafattorie devono allevare un numero elevatissimo di animali in ambienti ristretti. Questo sovraffollamento provoca danni alla testa ed alle pinne dei pesci e causa un anomalo accumulo di stress negli animali che risultano così facili prede di malattie epidemiche. Di conseguenza, per mantenere sotto controllo la proliferazione dei parassiti, le infezioni di epidermide e branchie, ed altre malattie tipiche dei pesci di allevamento, i tecnici delle acquafattorie pompano massicce dosi di antibiotici e sostanze chimiche nell'acqua delle vasche. Una delle sostanze chimiche utilizzate per eliminare i pidocchi di mare, i Dichlorvos, è altamente tossico per tutte le forme di vita marina e può provocare l'infarto nei salmoni.

L'acquacoltura stravolge il comportamento naturale e l'istinto dei pesci. In natura, la migrazione dei salmoni dall'acqua dolce all'acqua di mare avviene gradualmente, mentre nelle acquafattorie il brusco e violento cambio di habitat provoca un trauma tale da causare la morte di quasi il 50% per cento degli esemplari. Molti pesci mostrano segni evidenti di frustrazione e stress, come, ad esempio, il saltare continuamente fuori dall'acqua.

Il momento della macellazione porta ulteriori traumi. I pesci vengono spesso privati del cibo nei giorni o addirittura nelle settimane che precedono la macellazione, allo scopo di ridurre la contaminazione dell'acqua durante il trasporto. Alcuni pesci vengono uccisi senza essere nemmeno storditi; le loro arcate branchiali vengono tagliate e vengono lasciati sanguinare fino alla morte, in preda a convulsioni ed altri evidenti segni di sofferenza. In altri casi gli animali vengono uccisi semplicemente prosciugando l'acqua dalla vasca mandandoli incontro ad un lento soffocamento.


I TRASPORTI VERSO IL MACELLO

Accade molto frequentemente che gli animali non vengano macellati nel macello più prossimo all'allevamento, ma siano sottoposti a viaggi massacranti, a volte tanto lunghi da attraversare nazioni diverse.

Gli animali sono stipati negli autocarri, senza alcuna possibilità di riposo, senza bere, senza mangiare, compresi i cuccioli. Molti di loro arrivano a destinazione in pessime condizioni, alcuni muoiono durate il viaggio.

Nel camion, se un animale cade, spesso non riesce a rialzarsi, viene calpestato e subisce fratture alle zampe o al bacino. Questi animali, se possibile ancora più sfortunati degli altri, mentre tutti vengono spinti verso il mattatoio, rimangono sul veicolo in preda a dolori lancinanti, per poi essere agganciati agli arti fratturati e trascinati fuori. Non vengono sottoposti a eutanasia - gli allevatori non vogliono perdere soldi - ma aspettano il loro turno di macellazione.

Gli animali che muoiono lungo il viaggio vengono invece buttati in un mucchio, in quella che viene chiamata la "pila dei morti".

Il trasporto è particolarmente duro per i cavalli poiché, dato che in Italia non ne vengono "prodotti" abbastanza, i macellai si riforniscono nell'Est europeo, dove i cavalli sono ancora usati, e, dopo una vita di lavoro, vengono a concludere la loro esistenza nei mattatoi e sulle tavole del nostro Paese. Per motivi di profitto, gli animali vengono stipati all'inverosimile, mescolando tra loro individui ammalati, debilitati e molto giovani.

I polli, essendo di poco valore, subiscono un trattamento ancora peggiore, perché se qualcuno muore durante il tragitto, la perdita è minima. Gli autocarri vengono caricati di notte, gli operai devono caricare 25.000 animali nel minor tempo possibile, e quindi gli animali vengono trattati rudemente, lanciati di mano in mano come fossero palloni fino a essere stipati nelle gabbie.

 


FLAME CLIPPING

E' una procedura standard, praticata negli allevamenti intensivi che consiste nell'uso di una fiamma per "igienizzare" e togliere la peluria intorno alle mammelle delle mucche da latte per facilitare la mungitura.